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Meditazione proposta da Maurizio Muraglia; leopardi

Percorsi della fragilità umana in letteratura: LEOPARDI

IL DAOISMO IN 10 LEZIONI - Specchietto riassuntivo seminario 19/11/2022

IL DAOISMO IN 10 LEZIONI


a cura di Giorgio Gagliano Casa dell’Equità e della Bellezza

Specchietto riassuntivo seminario 19/11/2022

  • -  Tema del seminario: la non-azione (wei wu wei). Il secondo incontro sul Daodejing (<<Classico della Via e della Virtù>>) si è incentrato su uno dei suoi concetti fondamentali, vale a dire “l’utilità della non-azione”.
    Prima di sviscerare questo concetto, abbiamo ricordato alcune caratteristiche del testo. Trasmesso per secoli oralmente, da principio il Daodejing non era suddiviso in capitoli; inoltre non vi è alcuna certezza riguardo alla disposizione originaria degli aforismi di cui è composto. Tracce della versione più antica sono note grazie ai due importanti ritrovamenti archeologici di Mawangdui (1973) e Guodian (1993).

  • -  Il filosofo comparativista Moeller sostiene che il Laozi vada concepito come un ipertesto, caratterizzato da una struttura circolare: in modo simile a Internet, esso potrebbe essere letto a cominciare da un passo qualsiasi, in virtù dei link che lo connettono ad altri punti. Uno di questi nodi fondamentali è il wei wu wei.

  • -  La versione adottata in questo corso è il testo standard fissato da Wang Bi nel III sec. d.C; a partire da questo momento, il Daodejing assumerà una forma lineare.
    Composto da 81 stanze, il Laozi viene tradizionalmente articolato in due sezioni: quella teoretica (dao) va dal primo al trentasettesimo capitolo, quella pratica (de) prosegue fino alla fine.

  • -  Il discorso si è poi soffermato sull’analisi del capitolo 63; la stanza si apre con la celebre sentenza “agisci senza agire” (為無為 wei wu wei). Lungi dall’invitare a una mera passività, questa

massima paradossale esorta a porsi verso la realtà in maniera radicalmente ricettiva,

facendo sì che la propria azione scaturisca in modo spontaneo e senza forzature.

Per potere agire in sinergia con l’universo, l’uomo deve prima cessare di identificarsi col

proprio io (無身 wu shen, lett. <<senza corpo>>). Per i Daoisti come per i Buddisti, la realtà

non consiste in una serie di oggetti isolati, bensì in fascio mutevole di interrelazioni. La

falsa credenza di essere un io separato costituisce non solo la ragione primaria della nostra

sofferenza, ma anche dell’inefficacia delle azioni che intraprendiamo.

Accettando la natura finita e transeunte del corpo, ponendo fine a tutte le identificazioni

superflue, la nostra azione diventa sempre più armonica ed efficace, perché essa non

viene più causata dalle nostre false narrazioni su noi stessi, bensì dalla nostra natura

intrinseca (自然 ziran), che in ultima istanza non è diversa dal dao.


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