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Sulla meditazione del 22 gennaio
Lo scorso mercoledì 22 gennaio, Maria D'Asaro ci ha guidato verso un'interessantissima meditazione dialogata su Prudenza e Temperanza: due virtù perdute, o spesso fraintese, come suggerisce lei stessa già nel titolo.
Di seguito il suo contributo

Chi
di noi non conosce il poker delle quattro cosiddette virtù cardinali: prudenza,
giustizia, fortezza e temperanza?
Note sulle immagini
a sinistra la prudenza e a destra la temperanza. Entrambe le opere sono di Piero e Antonio del Pollaiolo (1441 -1496). Si tratta di dipinti a olio su tavola; opere esposte nel museo degli Uffizi a Firenze
Di seguito il suo contributo
Alla
ricerca di virtù perdute, o spesso fraintese: Prudenza e Temperanza
Casa dell’Equità e della bellezza: 22.1.2020
Anche
con l’ausilio del testo:
Bodei, Giorello, Marzano, Veca Le virtù cardinali ((Laterza, Bari,
2017, €9)


“Nel linguaggio comune la prudenza tende oggi a essere
confusa con la cautela o la moderazione, ossia con una virtù modesta e quasi
senile, carica di paure o incertezze.
Per
millenni essa è stata invece considerata come la forma più alta di saggezza
pratica, quale capacità di prendere le migliori decisioni in situazioni
concrete, applicando criteri generali a casi particolari”
La
prudenza (in latino prudentia) dispone la ragione pratica a discernere, in ogni
circostanza, il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per attuarlo.
Di origine latina appunto, la parola sembra connessa al verbo vedere, mentre il
prefisso pru (contrazione da pro) indica ciò che è posto davanti nello spazio o
prima nel tempo. Essere prudenti significa potenziare le proprie capacità
visive per progettare e pianificare una scelta, cogliendone prima tutte le
implicazioni future. Significa soppesare i pro e i contro, valutare rischi e
implicazioni.
“Si
tratta dunque della virtù deliberativa per eccellenza, che pone chi la pratica
in condizione non solo di discernere il bene dal male, ma anche di prepararsi
per il futuro a partire da un presente che ha fatto tesoro degli insegnamenti
del passato. Essa è quindi un potente antidoto alla precipitazione nell’agire,
al fanatismo e all’odio”
La prudenza, a causa dello slittamento semantico subìto, è adesso
comunemente connessa in modo riduttivo con l’idea di cautela e circospezione ed
è spesso collegata con una valutazione dei rischi in termini di salute e/o di
egoistico tornaconto personale. In realtà la prudenza potrebbe essere
identificata con la saggezza, la perspicacia nel giudicare la migliore
soluzione e la scelta più adatta.
Concretamente
la prudenza consiste nel discernimento, cioè nella capacità di distinguere il
vero dal falso e il bene dal male, smascherando - attraverso questa stessa
virtù - le false verità (a volte difficilmente identificabili) approfondendo
ciò che si vede. L'uomo prudente allora non è tanto l'indeciso, il cauto, il
titubante, ma al contrario è uno che sa decidere con sano realismo, non si fa
trascinare dai facili entusiasmi, non tentenna e non ha paura di osare.
Allora
– e non è un paradosso – il profeta è sommamente prudente: vede avanti, vede
l’intero e indica la strada migliore.
Per
Platone e Aristotele la prudenza (in greco Phronesis) è il pieno possesso della
facoltà di pensiero, della saggezza e del senso della misura. Questa virtù è il
requisito necessario di chi vuole fare politica e governare la polis, la città.
Anche per Aristotele la prudenza, virtù di confine tra le virtù intellettuali e
quelle etiche, ha come orizzonte il bene comune e si assume la responsabilità
delle proprie azioni.
“Con
Tommaso d’Aquino, la Prudenza è nota come Auriga virtutum, in
quanto guida, dirige e connette le altre virtù cardinali secondo equilibrio,
misura e scopo. La prudenza ha il potere di deliberare in condizioni
drammatiche. Certo non possiede la battagliera bellezza della Fortitudo, ma
assomiglia piuttosto alla ponderazione equanime della Giustizia e ricorda la
Temperanza.
La temperanza (in
greco σωφροσύνη, in lat. temperantia) è la virtù della pratica
della moderazione. Nel mondo ellenico era intesa con il termine mediocritas che
stava a indicare il giusto mezzo, senso che è andato perso, ha cambiato di
significato assumendo una connotazione negativa nel termine italiano ‘mediocrità’.
Per Aristotele è il giusto mezzo tra intemperanza e insensibilità e viene
elencata assieme a coraggio, liberalità, magnanimità, mansuetudine e giustizia.
Per il Buddhismo la
temperanza è uno dei cinque precetti dettati dallo stesso Buddha, ma non ha la
funzione di mortificazione, quanto quella di addestramento alla disciplina e
quella di favorire l'apertura mentale con lo scartare tutto il superfluo. Nel
mondo cristiano essa fu indicata per la prima volta come virtù cardinale
assieme a prudenza, giustizia e fortezza da Tommaso d'Aquino (da Wikipedia).
Oggi la parola “temperanza” è quasi estranea dal
vocabolario quotidiano: è fuori moda e sicuramente controcorrente, forse perché
allude a una forma di riduzione e di controllo, cioè ad un’etica del limite. La
temperanza è inoltre strettamente legata al “dominio di sé”, all’autocontrollo,
alla padronanza dei desideri e al senso della misura: è la virtù del nostro
divenire armonici e della capacità di modulare le nostre passioni. Secondo san
Tommaso, è indispensabile per fronteggiare le necessità del presente e per
potersi concedere, talvolta, persino l’eccesso, senza però rimanervi
soggiogati. La temperanza comunque ha poco a che fare con l’inibizione, al
contrario è forza, è misura che rende armonica la vita; è attuazione
dell’ordine, dell’equilibrio all’interno dell’uomo.
Infatti, elemento distintivo della temperanza,
rispetto alle altre virtù cardinali, è il suo rapporto esclusivo col soggetto
stesso: infatti mentre la prudenza guarda alla realtà concreta di tutti gli
esseri e giustizia e fortezza regolano i rapporti con gli altri, la temperanza
riguarda l’individuo stesso che la pratica. Inoltre la virtù della temperanza,
nella sua funzione più profonda, è quella di essere il nodo d’oro che tiene
insieme sesso-eros-amore, impedendo che la trilogia s’infranga, lasciando
spazio a una sessualità incontrollata oppure, al contrario, a una puritana
spiritualità disincarnata.
“La temperanza allora è da intendersi non tanto
come continenza, autocontrollo della volontà sulle passioni e i desideri,
quanto come accordo dell’anima con se stessa. In tale armonizzazione si
raggiunge l’equilibrio degli opposti: il significato di temperanza è, infatti,
legato a quello di temperatura, di tempo atmosferico, quale compenetrazione di
secco e di umido, di caldo e di freddo o, per analogia, all’idea di Bach di
“clavicembalo ben temperato”, che nella tastiera identifica il diesis di una
nota con il bemolle della successiva”
La
temperanza, che ci serve per arginare il flusso incontrollato degli istinti e
delle passioni, assume oggi una valenza e un significato particolare in campo
economico: ci invita alla sobrietà come stile di vita. Ecco cosa scrive Serge
Latouche, teorico della decrescita felice: “Bisogna operare
una decolonizzazione dell’immaginario (…) all’interno della biosfera, in cui il
principio termodinamico dell’entropia ci mostra come le trasformazioni
dell’energia non sono totalmente reversibili, si va verso un depauperamento
inesorabile delle risorse. La società dei consumi (…) si regge su
pubblicità (…) e obsolescenza programmata delle merci. Siamo ormai
tossidipendenti della crescita.”
Ecco
che Latouche, in Sopravvivere allo sviluppo, ci invita a costruire
una società più sobria, adottando 8 R:
Rivalutare (prendere
a fondamento valori quali: altruismo su egoismo, collaborazione su
competizione, tempo libero su ossessione al consumo), Ristrutturare,
Ridistribuire, Ridurre, Riutilizzare, Rilocalizzare, Riparare, Riciclare
(tratto
da Educare alla temperanza in tempo di crisi, Rivista “Cem/Mondialità”,
02/2013)
“La
prudenza
È
non dimenticare mai
Di
essere una creatura,
che
non possiede la verità
ma
deve cercarla.
La
prudenza è sapere
Che
ogni apparenza
Può
essere specchio
Per
le allodole.
E’
la capacità
Di
guardare dentro,
al
di là, oltre il look.
La
prudenza
È
non lasciarsi condurre,
come
il cavallo o il mulo,
dal
bastone o dalla carota,
ma
dall’intelligenza.”
(Don
Tonino Lasconi)
Maria D’Asaro
Note sulle immagini
a sinistra la prudenza e a destra la temperanza. Entrambe le opere sono di Piero e Antonio del Pollaiolo (1441 -1496). Si tratta di dipinti a olio su tavola; opere esposte nel museo degli Uffizi a Firenze
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