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Meditazione proposta da Maurizio Muraglia; leopardi

Percorsi della fragilità umana in letteratura: LEOPARDI

Dante parla ancora





Il canto di Ulisse, XXVI dell’Inferno, si offre alla meditazione in ogni tempo per la sua capacità di coinvolgerci sul tema della conoscenza e dei suoi limiti. L’eroe dantesco è colto nel suo ardore di divenir del mondo esperto e nella sua proverbiale capacità di coinvolgere i suoi nel folle volo che lo porterà al di là delle colonne d’Ercole. Il suo ardore ha i caratteri dell’assolutezza: nessun affetto familiare ha la forza di trattenerlo al di qua della sua meta, ma il suo ardore sarà punito. Il canto infatti si chiude con la tempesta che travolge il piccolo equipaggio. Meditare su questo canto significa riproporre il tema dei limiti che possono ancora trattenere ogni uomo dal lanciarsi nell’alto mare aperto dell’esperienza. Questo si configura quale terra inesplorata che attrae e spaventa, e le colonne d’Ercole continuano, forse, a rappresentare quei limiti oltre i quali l’ansia conoscitiva umana può tradursi in naufragio. Come vive l’Ulisse che è in ciascuno di noi? Con quali poste in gioco si confronta? Quali criteri, se di criteri si può parlare, regolano i nostri percorsi esperienziali?


Introduzione al XXVI canto


Prima parte Canto

Intermezzo di Laura Mollica

Seconda parte Canto

Intervento conclusivo di Laura Mollica

Epilogo prima della meditazione







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